La storia delle Scrambler
In generale tutti concordano che le prime scrambler risalgano all’inizio del ventesimo secolo in Europa, più precisamente nel Regno unito, dove un gruppo di motociclisti corse una gara che si svolgeva su tutti i tipi di strade e terreni.
Il regolamento era molto semplice: vinceva chi arrivava per primo al traguardo con la particolarità che erano i piloti stessi a scegliere il percorso da fare.
Queste premesse, unite al fatto che le strade del tempo non erano certamente quelle moderne, spinsero i piloti che partecipavano a queste gare a modificare, pezzo dopo pezzo le rispettive moto, in modo da ottenere un mezzo che riuscisse a farsi strada su qualsiasi superficie. Le modifiche erano quelle che, per certi versi, caratterizzano anche le scrambler moderne: manubri più larghi per facilitare la guida, gomme con tasselli più pronunciati e, in alcuni casi, modifiche alle sospensioni.
Le prime vere moto Scrambler sono da attribuire alla Triumph che, negli anni 50, realizzò alcuni modelli che diventarono famosi fra cui le desert sled o, tradotto in italiano, le slitte del deserto.
La prima Scrambler di origine italiana è invece la Ducati Scrambler prodotta nel 1962; è una moto polivalente destinata al mercato americano dalla linea pulita, con il serbatoio a goccia, la sellona ricurva e un buon monocilindrico a quattro tempi di 250 cc.
Se volessimo invece parlare di una Scrambler moderna potremmo citare quella della BMW. La BMW Scrambler di oggi è costruita sulla base della classica nineT, con il Boxer raffreddato ad aria di 1170 cc, 109 CV e 116 Nm a 6.000 giri. La moto ha lo scarico alto ma la ciclistica è più stradale, in particolare è tarata per garantire una guida grintosa sulle tortuose strade extraurbane. Ci sono i cerchi in lega fucinati, con l’anteriore da 19″ e il posteriore da 17″ che con pneumatici Metzeler Karoo 3. Per offrire infine una posizione di guida consona ai dettami scrambler è stata ridefinita la triangolazione sella, pedane e manubrio, più alto e dall’impugnatura più larga.
A seguire ci sono i dettagli, semplificati ma raffinati: il classico fanale rotondo, il tachimetro analogico, i componenti fucinati in alluminio; la piastra di fissaggio del manubrio, in alluminio a forma conica; la sella affusolata dal look in pelle opaca con cuciture a vista. Due elementi sono poi fondamentali nello stile: il serbatoio d’acciaio da 17 litri, in una bellissima finitura metallizzata opaco e la cover del condotto dell’aria di aspirazione con impressa la scritta R nineT abbinati a componenti laccati in nero, il telaio, le ruote, i foderi della forcella e il basamento del motore.
Maggiori dettagli sul sito BMW: https://www.bmw-motorrad.it/it/models/heritage/rninetscrambler.html.
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